Caro divano… non avrai il mio scalpo

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Caro Divano… Non Avrai Il Mio Scalpo

Le palestre restano chiuse, ma nessuno parla degli inimmaginabili danni che derivano dalla sedentarietà in questo anno di pandemia

 

C’è un altro “morbo sotterraneo”, di cui ancora abbiamo poca consapevolezza, e che il Covid ha più o meno deliberatamente alimentato. È la SEDENTARIETÀ, la tendenza a non sollecitare il corpo attraverso il movimento: “quella forzata”, da una parte, con la chiusura delle palestre e le misure restrittive che hanno colpito soprattutto il settore fitness, e “quella procurata” da un senso di arrendevolezza e di fiacca che la mancanza di stimoli sta facendo dilagare.

 
Da quasi un anno, ormai, stiamo quotidianamente cercando metodi alternativi per svolgere anche le faccende più ordinarie. Ma chi pensa che il principio “minimo sforzo, massima resa” possa essere vincente, sicuramente non ha mai riflettuto su questa condizione.

 
L’uomo è – per definizione – un essere adattabile. Ma proprio l’abituarsi al nuovo coercitivo stile di vita rischia di comprometterne in maniera preoccupante la salute fisica e mentale. Basti pensare che, a causa del Covid, tra le limitazioni, le palestre a battenti chiusi, lo smart working e la maggior tendenza a gratificarsi con la cucina, il 44% degli italiani è aumentato di peso.

 
La pandemia, del resto, ha imposto un cambiamento radicale nella nostra società, togliendo la possibilità di compensarlo con un adeguato esercizio fisico.

 
Proviamo a riflettere su quali e quante attività svolgiamo oggi fermi su una sedia e facciamo lo sforzo di monitorare le ore trascorse in questa posizione. Scommettiamo che spendiamo più tempo stando seduti piuttosto che dormendo?

 
Lavoriamo davanti al computer, magari anche in smart-working, adottando posture scorrette o, se frequentiamo le lezioni, lo facciamo al di qua di un monitor ancora in pigiama.  Facciamo shopping dal divano, soltanto toccando lo schermo con un dito; incontriamo le persone davanti a una telecamera o ci sentiamo tutt’al più tramite chat sdraiati sulla poltrona; leggiamo le notizie online con le gambe sotto alla scrivania; non usciamo più nemmeno per quel caffè che spezzava il pomeriggio perché fra zone gialle, arancioni e rosse, facciamo prima a metterci una moka sul fuoco; ordiniamo la cena comodamente da casa e con un’app ce la facciamo consegnare alla porta; guardiamo una serie su Netflix sprofondando sul divano e poi andiamo a letto, incredibilmente affaticati. Perché il carico che tutto questo ha sulla nostra emotività e sul nostro fisico è certamente molto oneroso da sopportare.

 
La decisione di tenere chiuse le palestre con un’ostinazione che non dà spazio a deroghe e a informazioni precise, infatti, non ha solo penalizzato un intero settore, ma ha finito per incentivare un lassismo e una sorta di disattenzione verso il movimento che rischia di diventare una piaga collettiva. Una direzione – quella governativa – intrapresa con una certa cecità, come se l’attività fisica svolgesse, nelle nostre vite, una funzione accessoria. Come se, anche da questo, non dipendesse lo stato di salute di un’intera popolazione.

 
Senza la possibilità di fare esercizio fisico nelle palestre, alla lunga ci troveremo a fare i conti con una società dal fiato corto: diseducata alle sfide e alla costanza, impreparata di fronte all’impegno e al sacrificio, inadeguatamente reattiva agli stimoli, disarmata davanti alle difficoltà cliniche o psicologiche.

Qualcosa che, in parte, sta già avvenendo e per cui serve subito un’inversione di rotta. Giorno dopo giorno, stiamo avvertendo un calo di energie; l’ansia, la spossatezza e il cattivo umore fanno capolino e si fa avanti un senso di impotenza ed esasperazione, mentre aumentano obesità, diabete, patologie cardiache, coronariche e polmonari.  Senza dimenticare che, la sedentarietà, ha un alto fattore di incidenza sulla mortalità precoce, con una percentuale di molto superiore rispetto al tabagismo, all’ipertensione e all’ipercolesterolemia.

 
Alla luce di tutto ciò, fare esercizio fisico acquista un significato trasversale e diventa lo strumento indispensabile per contrastare, a tutti i livelli, uno stato di allarme diffuso. La possibilità di svolgerlo adeguatamente, assume i tratti di un servizio alla comunità, terapeutico e di riabilitazione, determinante per la salute pubblica, da cui non è possibile prescindere.

 
Mentre attendiamo che, le misure imposte dal governo, tengano conto di queste oggettività, ognuno di noi, come individuo, non può e non deve sentirsi deresponsabilizzato. Per questo Ego ha studiato diversi percorsi adatti a tutte le esigenze, con tantissime opzioni fra cui scegliere con il supporto di coach specializzati, come la piattaforma Ego Plus, le dirette sui canali social, le lezioni online su Zoom e Outdoor o le sedute di Personal Training.

 
Quindi, alziamoci dai nostri divani e, per quanto comodi, morbidi e invitanti, ribelliamoci a questa dipendenza insalubre.

 
Siamo ancora artefici del nostro destino.

Homo faber fortunae suae.

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