“Salve, sono Luna e ti spiego cosa si nasconde dietro un disturbo alimentare”

Il disturbo alimentare raccontato alla vigilia della Ego Women Run 2019
Tempo di lettura stimato: 4 minuti

 

Aspettando la Ego Women Run 2019

Domenica mattina 31 marzo ci saremo tutte: è la Ego Women Run 2019 ci chiama a raccolta, a sostegno dell’’Associazione A.C.C.A. Lucca Onlus per la cura dei disturbi alimentari e obesità, e per l’’Associazione “Silvana Sciortino”, per la prevenzione e cura del tumore alla mammella.
Ognuna con un perché diverso: una promessa, una speranza, la voglia di leggerezza, di esserci, un piacere, una scelta.
Ognuna di noi ci sarà, perché la presenza è il primo atto d’amore, e quella alla Ego Women Run è una presenza consapevole.
Ogni donna con il suo numero, un passo diverso, un obiettivo. Come Luna, che ci regala la sua testimonianza di malattia e di guarigione, perché possa essere di stimolo e aiuto per tante altre.

Ognuna con la sua storia, dove la vita vince su tutto.

Salve, sono Luna e spero di mostrare con la mia testimonianza cosa si può nascondere dietro un disturbo alimentare. A diciannove anni il mondo intorno a me si stava sgretolando, figure importanti della mia vita se ne stavano andando e io ho trovato nell’anoressia quello strumento di controllo di cui necessitavo per sopprimere ogni sensazione dolorosa che provavo, per anestetizzarmi. L’anoressia era un’amica che mi incoraggiava a saltare i pasti, a digiunare, ad allenarmi, a contare le calorie, a pesarmi costantemente, a osservarmi minuziosamente allo specchio, a studiare per essere la figlia e l’alunna perfetta, a controllare ogni emozione e stato d’animo perché tutto doveva essere sotto il mio controllo. L’anoressia era una vocina che mi adrenalizzava, che mi faceva sentire superiore agli altri perché mi permetteva di controllare anche gli istinti biologici, come la fame o la stanchezza. Ma in realtà mi stava solamente corrodendo fino a farmi diventare una ragazza apatica, spenta, insoddisfatta, depressa, vuota.

E alla fine, vedendo le conseguenze fisiche e psichiche di questo rapporto malsano, incoraggiata dai miei familiari, ho deciso di ribellarmi da quella vocina, iniziando un percorso di guarigione, fatto da salite ripide immerse in una nebbia fitta.

Man mano che il mio percorso procedeva, il sole ha iniziato a illuminare quelle salite e io ho iniziato a osservare il mondo come il fanciullino di Pascoli e ad apprezzare i sapori, gli odori, i suoni e i colori della vita. Il percorso di guarigione è fatto da piccole conquiste quotidiane che se da una lato ti spaventano perché ti costringono ad uscire dalla cosiddetta “comfort zone”, dall’altra ti trasmettano forza e voglia di vivere per continuare nella giusta strada: una fetta di torta, un’uscita con le amiche, una passeggiata tranquilla, una chiacchierata con i miei familiari, una semplice dormita. E nel momento in cui queste vittorie iniziano a farsi più frequenti capisci che quell’amica fidata era solo Caronte che ti stava conducendo agli inferi. Ricordo ancora quando, tornata a casa da una giornata intera all’ Università, al posto di fiondarmi in palestra a bruciare ogni singola calorie assunta nell’arco della giornata per sopprimere ogni emozione, ho trovato la forza di uscire con le mie amiche come una qualsiasi adolescente: in quel momento mi sono sentita viva, libera, leggera e non per il mio peso. In quel momento mi sono sentita amata perché ho iniziato ad accettarmi, ad amarmi, a togliere quella maschera di perfezione che ero solita portare per lasciarmi andare. In quel momento alle mie amiche non interessava un voto sul libretto, il numero sulla bilancia, le calorie assunte, interessava solo il mio sorriso.

Durante il mio percorso tutte le sensazioni nuove, piacevoli o spiacevoli, che ho provato e le esperienze che ho vissuto sono riuscite a scacciare quelle vocine che mi incoraggiavano a tornare indietro.

Tutte le persone che mi sono state accanto con uno sguardo e con una carezza hanno saputo infondermi quell’amore di cui avevo bisogno per sostenere la mia guerra interiore. Una guerra che non sarei mai stata in grado di vincere senza il sostegno della dottoressa Aletti, che, con pazienza e tenacia, ha saputo aprire un cuore chiuso con duemila lucchetti e mi ha aiutato ad abbattere quei muri dove la malattia mi aveva rinchiusa per ritrovarmi. La dottoressa mi ha aiutato a trovare i giusti strumenti di battaglia per zittire le vocine, come il diario. Questo semplice blocco di fogli mi ha permesso di dare forma a sentimenti repressi, di capire cosa celavo dietro il digiuno, la restrizione e l’iperattività, di mettere in luce le mie potenzialità e di ritrovare quella ragazza sensibile e forte allo stesso tempo. Ovviamente all’inizio ho odiato con ogni cellula del mio corpo le sedute perché fuori dal mio controllo.  Le ho ripudiate per anni perché avevo paura di essere giudicata, di essere etichettata come “la malata”, di essere obbligata a cambiare una vita che io stessa consideravo normale, ma quelle visite mi hanno aperto gli occhi e insegnato piano piano ad accettarmi ed amarmi, a non scagliare i mie sentimenti sul mio corpo o sul cibo, ma ad urlarli, con parole scritte o orali.

A questo punto del percorso sono una persona totalmente diversa, sono una ragazza di 21 anni solare, sensibile, determinata, estroversa, con la voglia di sperimentare, la voglia di non limitarmi mai e la voglia di continuare a lavorare su me stessa per superare altri limiti ancora imposti dalla malattia.

Penso di aver capito cosa significa una parola molto diffusa nella nostra società benessere: per me equivale a sapermi ascoltare per trovare un equilibrio e vivere in pace con me stessa. Saper ascoltare il mio corpo e la mia menta, senza provare vergogna, rabbia, paura, frustrazione, senso di perdita il controllo: riposarmi se sono stanca, mangiare per fame o semplicemente per voglia, allenarmi se sono motivata, ridere per semplice piacere o per sdrammatizzare, piangere dalla felicità o dalla tristezza, chiedere un abbraccio se ne ho bisogno, abbracciare se ne ho voglia, uscire con le amiche, VIVERE.

Penso che sapersi ascoltare valga più di un bel voto, di una taglia di vestiti, di un numero sulla bilancia. Io sto imparando ad ascoltarmi e ora cavalco l’onda degli eventi con il sorriso sul viso e la curiosità negli occhi.

 

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